Mi sono approcciata a questo libro con qualche preconcetto di troppo, che per fortuna si sono disintegrati fin dalle prime pagine. La lettura si è rivelata infatti estremamente piacevole. Non si è trattato di un esordio nel senso letterale del termine, perché Babrara Bellomo è una docente laureata in Lettere con alle spalle diverse pubblicazioni e un dottorato in Storia Antica. Quindi sa utilizzare molto bene lo strumento linguistico, è padrona dell’italiano, scrive molto bene ed io le sono grata per questo: in un paese come il nostro in cui sembrano esserci più autori che lettori, troppe volte la grammatica e la sintassi prendono il volo, e questa è una cosa che mi disturba enormemente. Ma torniamo al romanzo. La Bellomo imbastisce una storia perfetta sotto tanti punti di vista, arricchita anche da una copertina che mi ha fatta innamorare a prima vista. La prima cosa che ho gradito, padronanza dell’italiano a parte, è lo stile dell’autrice: elegante, sobrio, mai una parola di troppo, eppure efficace e d’impatto. Amo gli stili essenziali in cui i fronzoli letteari, le fioriture e il lirismo forzato sono completamente assenti, perché li considero una prerogativa dei romanzi classici ed a mio avviso stanno bene solo lì. L’ambientazione è stata un altro punto forte del romanzo. La storia si snoda infatti per la maggior parte all’interno dell’immaginario ambiente universitario di Todi, in Umbria, e a parte una piccola incursione in Sicilia, tutto si svolge in quel piccolo microcosmo tra studenti, professori e borsisti. Scegliere una piccola cittadina così ricca di storia e di fascino come base per lo sviluppo della narrazione credo sia stata un’ottima idea e non ha fatto altro che aumentare la mia curiosità. Un altro punto a favore è stato certamente il personaggio su cui ruota l’intera vicenda, Isabella De Clio. Avevo il timore di incappare in uno di quei protagonisti seriali un po’ tutti uguali tra loro, tutti tormentati, e tutti rigorosamente appesi ad una storia d’amore difficile. Perchè – si sa – la storia d’amore tormentata funziona sempre, anche quando non c’entra nulla con il contesto. Grazie Barbara Bellomo per non aver buttato anche tu la tua protagonsita nel mare pescoso dei cliché amorosi, mantenendo intatta la sua originalità. Grazie per aver dipinto il bel ritratto di una giovane donna anticonformista che mette il proprio lavoro e la propria realizzazione personale davanti a tutto il resto, forte del motto “ il lavoro resta, gli uomini vanno e vengono“. Grazie infine perché l’hai resa normale aggiungendo alla sua forza i suoi difetti, senza esagerarli, e rendendola per questo così simile a tutte noi, donne imperfette ed incasinate. Quelle che siamo, o quelle che siamo state.
Studiosa, riservata, decisa. Credo che questi tre aggettivi la riassumano bene. E’ una donna che non permette mai a nessuno di superare le sue barriere personali. Come avrà notato è anche molto bella, ma sembra fare di tutto per nasconderlo”.


La nostra protagonista finirà nel bel mezzo di un noir a tinte fosche, quando la placida cittadina viene messa sotto sopra da un efferato omicidio. Una signora anziana, dalla vita tranquilla ed irreprensibile, viene trovata barbaramente uccisa nel suo appartamento. La donna aveva appena telefonato all’ Università confidando al Professore di Museologia di essere in possesso di un cammeo risalente all’epoca romana di Ottaviano, e questo getta immediatamente un’aura di mistero sul macabro ritrovamento. Il cammeo sarà l’elemento chiave che unirà la storia antica al mistero moderno, e che creerà un forte legame tra coloro che si imbatteranno nella vicenda, ognuno per motivi diversi. Non posso più raccontare nulla, perché la trama dovete scoprirla da voi, godendo di questa storia pagina dopo pagina. Ho incontrato diversi personaggi durante la lettura, tutti sapientemente delineati. Il tocco in più dell’autrice è stato lasciare un pizzico di “non detto“, quel tanto che basta per scatenare la nostra immaginazione. Il professore che soffre di depressione in seguito alla vedovanza, il commissario di polizia ingessato in un matrimonio ormai logoro, il nipote della donna assassinata che cerca consolazione nella marijuana…Ognuno di noi può ritrovare qualcosa di sè in loro, e questo è un aspetto molto importante per un romanzo. E’ fondamentale che il lettore riesca a scovare un po’ di se stesso nelle trame di un libro, perché è ciò che rende la lettura un’esperienza unica. Io ho trovato molto di me in tutti loro, Isabella a parte. Il loro quotidiano è descritto con sobrietà, hanno ombre che li accompagnano sempre, anche nei gesti più banali, e questo rende l’empatia facile ed immediata.

La storia antica, piena di fascino e suggestioni, fa capolino attraverso le vicessitudini del Cammeo di Ottaviano e resta il filo conduttore di tutto il romanzo, con mio enorme piacere e soddisfazione. Non esistono banalità in questo romanzo, e gli spunti di riflessione sono molteplici. Forse alcuni di questi potevano essere sviluppati più approfonditamente, magari il problema di Isabella poteva essere sviscerato più nel dettaglio. Le critiche si possono fare, volendo. In fondo è un romanzo di esordio e la presenza di qualche lacuna è inevitabile. Ad ogni modo il finale un po’ sfumato lascia aperte molte strade, sono sicura che ci sarà un prosieguo e che alcune di queste mancanze saranno colmate. So già che Isabella De Clio e la sua strana famiglia acquisita mi mancheranno, per cui attendo con ansia una nuova indagine sulle orme dell’antica Roma…