Ho letto nella post fazione che questo romanzo non è stato concepito come il secondo capitolo delle “avventure” dell’archeologa Isabella de Clio, ma si tratta in realtà di una rielaborazione ed un riadattamento del primo romanzo dell’autrice, (Il quinto relitto) dato alle stampe da una piccola casa editrice siciliana nel 2010. La protagonista Isabella è stata calata all’interno di una storia già costruita con una serie di adattamenti che ricalcano il precedente “La ladra di ricordi “(edito nel 2016): ritroviamo infatti la stessa identica ragazza, con un paio di anni in più ma sempre prigioniera di intricati nodi psicologici che sfociano in una forma di cleptomania. Isabella infatti tende a sottrarre quegli oggetti che rappresentano per lei ricordi preziosi che vuole tenere per sè, in un complesso mondo interiore che non riesce a condividere con nessuno. Anche questa volta Isabella è alle prese con problemi relazionali, con uomini sfuggenti, ambigui, che non può avere completamente…e sbaglia. Non potrebbe essere altrimenti, perchè è difficile, se non praticamente impossibile, riuscire ad avere una relazione solida e positiva se dentro hai il caos. Questa volta però l’errore le costerà caro, perché metterà a repentaglio la sua incolumità e la sua reputazione di studiosa. In ogni caso, mi piace Isabella. Mi è sempre piaciuta e mi sono trovata subito in sintonia con lei, perché mi assomiglia fisicamente e mi ricorda com’ero io a trentanni. Non ero cleptomane, ma psicologicamente parlando ero un casino vivente ed ero una donna irrisolta. Passavo ore a leggere, scrivere ed ascoltare musica rock e blues in una mansarda in cui abitavo da sola, la vita mondana non mi mancava affatto ed in un certo senso stavo bene così. Una volta rientrata a casa dal lavoro mi chiudevo la porta alle spalle e a quel punto non mi importava più di cosa lasciavo fuori. Proprio come Isabella: completamente immersa nei suoi studi, nel suo lavoro di vicedirettrice del museo di Avola ed in perenne conflitto con l’umanità, risolve tutto con una lunga corsa, una caffettiera fumante e qualche ricordo rubato.
Gli altri punti forte del romanzo sono gli stessi che ho trovato ne “La ladra di ricordi”: l’ambientazione suggestiva e la scrittura perfetta della Bellomo. Questa volta l’autrice cala il lettore in un contesto geografico ancora più affasciante: le isole Eolie e la splendida Sicilia in cui Isabella è tornata ad abitare dopo l’esperienza di Todi. Sono luoghi pieni di storia, in cui l’epoca romana rivive con forza grazie ai numerosi ritrovamenti che nel corso degli anni si sono succeduti e che hanno dato vita a musei del mare assolutamente incredibili, in cui si possono ammirare relitti restaurati risalenti alle guerre puniche ed il loro preziosi carichi. E’ proprio attorno ad una di queste antiche imbarcazioni, e precisamente una trireme del 250 a.C., che si svolgono questa volta le ricerche di Isabella De Clio. Durante un convegno a Genova la ragazza si imbatte casualmente in un rarissimo documento che potrebbere riscrivere il corso della prima guerra punica e che ridarebbe lustro ad valoroso militare e statista un po’ dimenticato dalla storia: Gneo Cornelio Scipione. Anche questa volta i capitoli sono intercalati dalla voce narrante dei protagonisti storici attorno ai quali si stanno svolgendo le ricerche, un espediente narrativo utilizzato dall’autrice per dare un senso di continuità alla trama e per far comprendere a noi lettori quanta vita esista in realtà dietro semplici oggetti, come può esserlo una moneta d’oro con l’effige di un militare impressa sul dorso, e come passato e presente siano legati indissolubilmente a doppio filo. Ogni reperto ha una sua storia da raccontare e l’archeologia, così come la storia antica, non fanno altro che ridare voce a uomini e gesta che altrimenti verrebbero inghiottiti dall’inesorabile scorrere del tempo.
Infine non posso non parlare della bravura dell’autrice: Barbara Bellomo ha imbastito una storia incastrata tra presente e passato che mi ha coinvolta molto, complice anche l’assoluta bellezza del paesaggio in cui si muove il racconto. Attraverso le sue descrizioni così accurate e d’impatto è stato come compiere un autentico viaggio sensoriale: più volte mi sono immaginata ad Avola, seduta in un chiosco baciato dal sole primaverile tutta intenta a gustarmi una granita alle mandorle di fronte ad uno scenario mozzafiato. Quando Isabella e Paul Anderson “pinneggiano” verso il terzo relitto, immersi nelle profondità marine dell’arcipelago delle Eolie, è stato emozionante ed il loro entusiasmo e la loro passione erano tangibili.
Una scrittura sobria e lineare, che non eccede mai in volgarità e in inutili dissertazioni, ha reso questo romanzo un libro estremamente godibile e fresco, perfetto per ritagliarsi un momento di svago in mezzo alla frenesia del quotidiano.