In una poltrona, con un gomito appoggiato alla tavola e con la testa posata sulla mano sedeva la più straordinaria donna che io avessi mai visto, e che mi rivedrò. Era vestita di un ricco abito: raso, merletti, sete: tutto in bianco. Anche le scarpe erano bianche. E un lungo velo ornato di fiori nuziali le scendeva dai capelli che pure erano bianchi. Sembrava non avesse ancora finito di vestirsi perché portava una sola scarpa, l’altra era posata sulla tavola vicino alla sua mano; e il velo era aggiustato solo a metà sulla testa; l’orologio e la catena non erano ancora stati messi,; e alcuni pizzi per il seno erano ammucchiati in disordine sul tavolo con i gioielli, con il fazzoletto, con i guanti, con i fiori e con un libro di preghiere.”
Così ci racconta Dickens il primo incontro tra il protagonista di Grandi Speranze, Pip, e la bizzarra Miss Havisham, una nobile signora di mezz’età che tanta influenza avrà sulla vita del protagonista.
La donna vive rinchiusa da anni in una ricca e decadente dimora, chiamata “Satis House”, nei pressi del villaggio in cui Pip è nato e cresciuto, alla foce del Tamigi. Una villa, come dice la parola stessa, immobile. Immobile come la vita che Miss Havisham ha voluto congelare un giorno di tanti anni prima, fermando gli orologi della casa nell’ora infausta in cui tutto cambiò per sempre. La pendola del soggiorno non scandisce più lo scorrere del tempo, ma le ricorda continuamente la stessa ora, giorndo dopo giorno, anno dopo anno. L’ora in cui il sangue le scivolò via dal corpo e la testa imboccò la strada della pazzia senza fare più ritorno. Da quel giorno in poi, un insano desiderio di vendetta cominciò ad essere la sola forza a mantenerla in vita.
La madre di Miss Havisham muore quando lei è ancora una bambina. Suo padre, un ricco possidente, in seguito a quel dolore si allontana anche dalla figlia, lasciandola sola nella grande dimora. Il genitore in fin di vita si pentirà di quell’ abbandono e per risarcire la figlia dei patimenti inflitti le lascia in eredità la maggior parte delle fortune della famiglia a discapito del fratello, che non dimenticherà mai il torto subito. Nonostante la solitudine la ragazza trascorre nell’agio e in serenità la sua giovinezza, trasformandosi in una creatura graziosa ed affascinante. I suoi peccati mortali furono l’ingenuità e l’amore, e li scontò entrambi in vita. Diventata adulta, getta il seme della sua fatale disgrazia: si innamora infatti di un uomo di nome Compeyson, un truffatore da quattro soldi e dai bei modi che aveva messo gli occhi sul suo cospicuo patrimonio, in combutta con il fratello Havisham. Suo cugino, Matthew Pocket, la mette in guardia dall’uomo, che aveva trascorsi ben noti alle cronache londinesi, ma lei è troppo innamorata per dargli retta. Accecata d’amore, è convinta che quelle del cugino siano solo maldicenze dovute alla gelosia e all’arroganza. Compeyson, all’apparenza sempre più innamorato, le chiede la mano e lei naturalmente accetta, traboccante di gioia. Alle nove meno venti del giorno stabilito per il loro matrimonio, mentre stava indossando l’abito da sposa, Miss Havisham riceve una lettera da Compeyson con la quale il suo promesso sposo si dichiara innamorato di un’altra donna e si congeda da lei come se fosse un semplice ospite che all’improvviso declina un invito a cena.
Preda di un furore cieco per essere stata abbandonata sull’altare, tradita, offesa ed umiliata, la Havisham ferma tutti gli orologi di casa all’ora esatta in cui scopre di essere stata raggirata. Come se volesse fissare nell’eternità quel momento così doloroso, si tramuta in una statua grottesca di disperazione: ogni cosa viene lasciata intatta nel soggiorno, compresa lei stessa. Tutto finisce in quell’ora terribile: i sogni di gioventù, la speranza, il futuro, la voglia di vivere. Lucidamente folle, decide che da quel giorno in avanti nessuna forma di vita avrebbe mai più abitato quella stanza e quel corpo, che giorno dopo giorno abbandona l’aspetto di promessa sposa per diventare un patetico fantasma ricoperto di stracci. Non si toglierà mai più quell’abito di pizzi e felicità, lascia marcire sul tavolo la torta nuziale ancora intatta e permette solo a pochissime persone di farle visita. Durante quel tempo immobile, Miss Havisham comincia a mettere a punto la sua vendetta. Quel rinchiudersi fuori dal mondo reale non fu solo un gesto per proteggersi dal dolore, per prendersi cura di sé leccandosi le ferite in solitudine, in attesa di ritornare alla vita. Quel suo isolamento andò ben oltre, e segnò l’inizio della fine: un male oscuro cominciò allora a farsi strada nella sua mente distrutta e ad allungare i suoi tentacoli. La casa fatiscente, la veste bianca ormai lacera ed insozzata dal tempo, il corpo avvizzito per la mancanza di luce, la pelle grigiastra di chi non respira più aria salubre, le ragnatele che rivestono il freddo talamo nuziale sono la cova perfetta per sentimenti altrettanto putridi e marcescenti. E’ in questo luogo tombale che la rabbia ed il desiderio di vendetta escono dai confini della normalità e divorano quel che resta di lei.
Nonostante l’aspetto decadente ha in realtà solo una cinquantina d’anni quando Pip fa la sua conoscenza. Il ragazzo rimane molto colpito dalle sembianze della nobildonna, che descrive come un orribile incrocio tra una statua di cera ed uno scheletro, con gli occhi semoventi in cavità vuote che gli incutevano un certo timore. La sua inesperienza ed il forte desiderio di migliorare la propria vita non gli consentono di capire subito il piano malvagio della donna: anche Pip infatti diventerà un’altra delle pedine di Miss Havisham, ignaro delle sue macchinazioni. Durante gli anni di isolamento volontario la donna chiede al suo avvocato, il signor Jaggers, di adottare una bambina per lei; l’uomo esegue i suoi ordini e presto a Satis House fa il suo ingresso la piccola Estella. La bimba cresce educata alla malvagità da Miss Havisham, che le insegna fin da subito ad usare bellezza, fascino e e ricchezza per irretire ed illudere gli uomini. Lei stessa si preoccupava di cercare giovanotti da presentare ad Estella, in modo che potesse così diventare abile nello spezzare il cuore di chi si innamorava di lei. La bambina diventa così un’adulta priva di moralità, incapace di distinguere il bene dal male e senza nessuna coscienza del dolore che infliggeva. Ne era consapevole, ma pensava che fosse giusto e normale, un divertimento crudele ma del tutto lecito. Pensava che una donna del suo calibro avesse tutto il diritto di ammaliare, ingannare, ed infine ferire chi si dichiarava innamorato di lei senza averne le qualità necessarie. Miss Havisham, artefice e spettatrice di quegli scempi, si illudeva così di vendicare se stessa del torto subito anni prima. Usava sua figlia per spezzare i cuori degli uomini, così come tanti anni prima fu spezzato il suo. L’aspetto angelico di Estella era talmente in contrasto con la sua natura guastata che riusciva a confondere chiunque le si avvicinasse. Pip, ingenuo com’era ed attratto anche lui da quella bellissima ragazza, cade nel tranello come uno sciocco. E’ convinto che Miss Havisham sia in realtà una benefattrice che, intravedendo in lui buone qualità e voglia di affermarsi, decide di aiutarlo a crearsi una posizione, per affidargli infine Estella. Una convinzione ridicola, ma Pip è talmente ottenebrato dalla voglia di riscatto sociale che non distingue più la realtà dall’illusione. A nulla valgono gli ammonimenti degli amici e dei familiari. E’ proprio nei loro confronti che commette il peccato più grave: comincia ad allontanarli da sé perché si vergogna di loro, si convince che per quanto buoni e amorevoli non possano senz’altro essere un buon biglietto da visita per il suo ingresso nel bel mondo. La nobildonna ed Estella esigevano il meglio, ed ambivano a renderlo un gran signore: non poteva permettersi di continuare a frequentare persone rozze ed ignoranti, anche se voleva loro molto bene.
Le due donne però hanno altri progetti per lui, e non fanno altro che umiliarlo. Miss Havisham lo paga solo per essere il giocattolo di Estella, e quest’ultima non fa che disprezzare Pip ricordandogli continuamente le sue umili origini.
….Nel passarmi vicino, mi guardò con un aria di trionfo, come se gioisse delle mie mani grossolane e delle mie scarpe grosse; aprì il cancello e lo tenne aperto. Stavo uscendo, senza guardarla, quando mi toccò con la mano e mi disse come per rimproverarmi: ”Perché non piangi?” “Perché non ne ho voglia” ”E invece ne hai,” disse lei “hai pianto fino a ridurti mezzo cieco, e anche ora stai lì lì per piangere.Poi si mise a ridere sprezzante, mi spinse fuori e chiuse il cancello alle mie spalle. Filai diritto dal signor Pumblechook e fui grandemente sollevato dal non trovarlo in casa. Quindi dopo aver lasciato detto al commesso in che giorno la signorina Havisham voleva che ritornassi da lei, mi misi in cammino attaccando le quattro miglia che mi separavano dalla nostra fucina, meditando lungo il cammino su quello che avevo visto, e ripetendomi che altro non ero che un volgarissimo figlio di operai, che le mie mani erano tozze, che le mie scarpe erano grosse, che avevo la deplorevole abitudine di chiamare i fanti jacks; che mi sentivo molto più ignorante di quanto non mi fossi sentito la sera prima e che, in linea generale, avevo l’aspetto di un miserabile essere appartenente a una classe inferiore.”
Questa consapevolezza, anziché farlo rinsavire, lo spinge a desiderare disperatamente un futuro prospero che possa in qualche modo elevarlo dalla condizione di inferiorità in cui si sente relegato. Decide così di partire per Londra, rinnegando gli amici di una vita e chi l’aveva cresciuto. E’ questo l’unico modo in cui pensa di poter raggiungere la felicità: una volta diventato ricco e liberatosi dalla zavorra del passato, si sarebbe avvicinato al cuore di Estella rendendosi degno di lei. Nonostante tutto il dolore che le aveva procurato continuava ad amarla, perché non vedeva cattiveria in quella ragazza, ma soltanto un giusto desiderio di pretendere il meglio per sé. Ma Pip, ovviamente, non ottiene nulla di quello che sperava. La strada tracciata dal male non è mai molto lunga, e nemmeno prospera. Quello che compie è invece un cammino di conoscenza e disillusione, in cui sarà costretto a fare finalmente i conti con la propria cecità, fino a quando apprenderà la più importante delle lezioni.
Ormai la macchina del male ha arrestato la sua corsa ed ha invertito gli ingranaggi: è il momento della presa di coscienza e della consapevolezza. Per tutti.
Miss Havisham, quando Estella sta per sposare il rivale di Pip (l’odioso Bentley Drummle), realizza improvvisamente che l’ aver spezzato il cuore del ragazzo non ha provocato in lei nessuna soddisfazione, ma capisce di aver causato solamente altro dolore. La maschera grottesca che aveva indossato per rifugiarsi dal mondo si rompe in mille pezzi di fronte all’accettazione della realtà, liberandola finalmente da quella vita di tormento. Miss Havisham supplica Pip di perdonarla, sinceramente pentita.
Dopo che Pip se ne è andato, Miss Havisham prende la lettera del fidanzato che l’aveva tradita e la brucia gettandola nel camino. Ormai non ha più bisogno di covare rabbia. I tizzoni ardenti le ricadono sul vestito di stracci, e in un attimo il fuoco le divampa addosso. Pip, quando si accorge dell’incendio, torna indietro per cercare di salvarla, ma la donna ha ormai subito troppe ustioni.
Morirà poche settimane dopo, con il cuore libero e il perdono di Pip.
3 pensieri su “Le creature letterarie più riuscite di sempre: Miss Havisham (da Grandi Speranze, C.Dickens)”
Dickens mi piace tanto! Sa descrivere perfettamente le caratteristiche di ogni personaggio, facendoci vivere in prima persona tutte le emozioni che attraversano la storia. Ottima scelta di lettura ❤ ❤ ❤ Buon pomeriggio Paola 🙂
Dickens è il mio scrittore preferito, di sempre! E’ proprio come dici: nessuno come lui sa descrivere le mille sfaccettature dell’animo umano e questo è il motivo per cui i suoi personaggi sono e saranno sempre intramontabili. Un abbraccio Vitty e buon week end!
Dickens mi piace tanto! Sa descrivere perfettamente le caratteristiche di ogni personaggio, facendoci vivere in prima persona tutte le emozioni che attraversano la storia. Ottima scelta di lettura ❤ ❤ ❤ Buon pomeriggio Paola 🙂
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Dickens è il mio scrittore preferito, di sempre! E’ proprio come dici: nessuno come lui sa descrivere le mille sfaccettature dell’animo umano e questo è il motivo per cui i suoi personaggi sono e saranno sempre intramontabili. Un abbraccio Vitty e buon week end!
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buon week end anche a te Paola!!! ❤ ❤ ❤
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